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Fauna

La fauna italiana è costituita da circa 57.422 specie di cui 52.168 invertebrate e 1.254 vertebrate, rappresentate da una grande varietà di endemismi. Nonostante la rilevanza di questo patrimonio naturale, manca attualmente un’adeguata conoscenza di base sulla presenza, la consistenza e la distribuzione di un gran numero di specie. La Sicilia comprende un notevole contingente delle specie che compongono la Fauna italiana, soprattutto in ragione dalla posizione geografica dell'isola e delle minori isole che ne compongono l'arcipelago. E' evidentemente impossibile parlare approfonditamente di tutte le presenze faunistiche del territorio, pertanto, ci limiteremo a trattare l’argomento in generale ricordando però, che le osservazioni sulla fauna vanno di anno in anno rivalutate e che quotidianamente nuove informazioni si aggiungono alle conoscenze attuali.

La paleofauna di Sicilia

La Sicilia ha subìto e subisce quei condizionamenti che l’isolamento attiva nei confronti dei diversi taxa. La speciazione, che avviene con una maggiore velocità a causa del mancato flusso genico tra le popolazioni, nel passato, ha fatto sentire i suoi effetti con la comparsa di specie molto interessanti. Tra queste vanno certamente citate alcune di quelle appartenenti ad un periodo caldo dei tempi passati, come nel “Milazziano”. In questo periodo, in Sicilia vissero l’elefante nano del Falconeri (Elephas melitensis o Elephas falconeri), un pachiderma, manifestante il fenomeno della riduzione della taglia, sino a presentare individui alti solo 40 centimetri al garrese, un ghiro gigante (Leithia melitensis) ben più grande dell’odierno abitatore dei boschi detto dai siciliani “surci giacaluni”, ma anche ippopotami, coccodrilli e diverse specie di ungulati i cui resti sono talvolta rimasti nei depositi delle grotte naturali del territorio del Geopark.

La fauna attuale

Dalla fine dell’ultima glaciazione la fauna della Sicilia si è stabilizzata nelle odierne condizioni generali con elementi sia boreali e paleartiche, che mediterranee e microasiatiche, caratterizzata soprattutto nella erpetofauna. Fondamentalmente la fauna siciliana, nelle sue specie maggiori per dimensioni, mantiene una certa appartenenza all’area paleoartica. Le specie dei mammiferi, ad esempio, sono pressoché tutte europee, dominate (ab antiquo) dalla presenza del lupo (Canis lupus) in seguito estinto, e comprendenti ungulati quali il cervo (Cervus elaphus hippelaphus) e il capriolo (Capreolus capreolus) anch'essi estinti. Forse solo un roditore, l’istrice (Histrix cristata), rappresenta la provenienza più africana ed orientale per quanto diffusa nell’ambito del bacino del Mediterraneo.

Diversa è la situazione che si ritrova nelle specie minori: infatti, non è raro riconoscere sia endemismi estremamente puntuali che provenienze africane, non solo tra insetti ed artropodi in generale, ma anche tra i rettili che, sopravvissuti alle glaciazioni, sono riusciti a mantenere una colonizzazione dell’isola e del suo arcipelago a testimonianza di passate ere.

 

La complessità del territorio e la presenza su di esso di ambienti non solo diversi per le diverse condizioni edafoclimatiche ma anche per l’uso storico dei territori, fanno si che in questa porzione della Sicilia sia estremamente difficile descrivere la presenza faunistica.

Certamente vanno considerate alcune caratteristiche generali della presenza animale quali, ad esempio, il posizionamento dell’isola ed in particolare di questa parte di essa sulla principale rotta migratoria paleartica, così come, qui ed anche nel resto dell’isola, la vicinanza con il mondo dell’Africa settentrionale da un lato e dell’Europa dall’altro, ha consentito nel tempo lo stabilizzarsi di popolazioni tipiche delle faune dei due ambiti continentali o addirittura una speciazione di alcune delle specie un tempo provenienti da uno dei due ambiti.

D’altro canto l’enorme peso che l’uomo ha esercitato sulle popolazioni stesse è stato tale che oggi la fauna appare privata di alcune presenze fondamentali dal punto di vista della organicità dei diversi ecosistemi. La mancanza del Lupo, estinto per mano umana tra il 1930 ed il 1960 o dei grandi ungulati, fatti fuori definitivamente durante il secolo XIX, non sono altro che la punta dell’iceberg del degrado che l’uomo ha innescato verso le comunità naturali.

Le popolazioni più deboli sono probabilmente scomparse in tempi talmente lontani da non consentire la loro scientifica registrazione. Non sappiamo, ad esempio, se in Sicilia fossero presenti in natura anfibi urodeli (anfibi con la coda come la salamandra e il tritone), sappiamo per certo che scientificamente non ne sono mai stati registrati, ma la presenza, anche nel territorio del Geopark, di diverse contrade con toponimi quali “Tino del Drago” lungo il fiume Salso Cimarosa, ma anche Gorgo del Drago o simili, fa pensare che un tempo le pozze create dai fiumi siciliani dovessero ospitare questi simpatici esseri così fragili rispetto l’inquinamento delle acque.

Una caratteristica comune a quasi tutte le popolazioni della fauna siciliana è certamente quella della elusività. Difficile è avvistare la gran parte degli animali vertebrati. Moltissimi di questi preferiscono fuggire all’eventualità dell’incontro con l’uomo, memori di millenni di cacce, danni e degradi non di rado indiscriminati.

Le popolazioni più facilmente avvistabili sono oggi quelle degli animali più generalisti e tendenzialmente più atti a divenire commensali dell’uomo o a sfruttarne le interazioni con l’ambiente naturale. Sarà così facilmente avvistabile la cornacchia grigia (Corvus corone) o la gazza (Pica pica) piuttosto che la ghiandaia (Garrulus glandarius) nonostante tutte e tre le specie sono appartenenti ai corvidi.

Per tutto questo si è deciso di limitare le descrizioni delle specie animali presenti sul territorio a quelle più frequenti, visibili e rappresentative che i nostri lettori potranno maggiormente individuare durante le loro escursioni.

Per motivi facilmente intuibili gli invertebrati, appartenenti a migliaia di specie diverse non verranno trattati in maniera sistematica e se ne darà un saggio con brevissimi richiami fotografici.

Gli anfibi sono rappresentati dal robusto rospo comune (Bufo bufo spinosus), purtroppo frequentissimo sulle strade dove trova la morte ma anche dal mimetico rospo smeraldino (Bufo viridis viridis);

Nei laghi e nelle pozze vive la raganella (Hyla species inquirenda) il cui status tassonomico è ancora in corso di definizione.

Tra gli anfibi sono anche presenti l’endemico discoglosso dipinto (Discoglossus pictus pictus), frequentissimo a Pergusa, e la rana verde (Rana lessonae subsp. inquirenda) .

I rettili vedono la presenza della testuggine palustre (Emys orbicularis), carnivora e veolce predatrice nelle acque, e della testuggine terrestre (Testudo hermanni hermanni e Testudo hermanni boettgeri), erbivora e frequentemente addomesticata.

Nelle case e sui ruderi vivono le due diverse specie di gechi (Hemidactylus turcicus e Tarantola mauritanica mauritanica), in genere crepuscolari e divoratori di insetti.

Tra i serpenti frequentemente avvistato è il biacco (Coluber viridiflavus), che qui in area è sempre nella sua forma melanica (nerastra), mentre più elusive sono la vipera (Vipera aspis hugyi), il colubro liscio (Coronella austriaca) e la biscia dal collare siciliana (Natrix natrix sicula).

In zona è presente, ma oramai rarissimo il cervone (Elaphe quatuorlineata quatuorlineata), uno dei rettili maggiori d’Europa conosciuto dai locali con lo spagnolismo “Culofria”.

Molte volte scambiati per serpenti sono invece gli scincidi, sia il tozzo congilo (Chalcides ocellatus tiligugu) che la sinuosa luscengola (Chalcides chalcides chalcides) recentemente trovata sull’Altesina.

Spettacolare la presenza delle lucertole, sia del ramarro (Lacerta viridis), non di rado con colorazioni in azzurro intenso, sia delle due specie di lucertola bruna, la campestre (Podarcis sicula) e la endemica siciliana (Podarcis wagleriana).

I mammiferi, quasi sempre crepuscolari o notturni, sono rappresentati da un folto numero di piccoli e piccolissimi esseri a sangue caldo. Tra gli insettivori il mustiolo (Suncus etruscus), uno dei mammiferi più piccoli del mondo, ma anche la endemica crocidura siciliana (Crocidura sicula). Sempre minuscoli, ma roditori, sono: l’arvicola (Microtus savii), il topolino comune (Mus domesticus), e quello selvatico (Apodemus sylvaticus). Infine, tra gli insettivori di più grandi dimensioni, ricordiamo il riccio (Erinaceus europaeus) coperto da fitti aculei e che non di rado si incontra lungo le strade rurali.

La fauna conta poi la presenza sia della particolare istrice (Hystrix cristata), coperta di lunghi aculei, che del coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) e della lepre (Lepus europaeus corsicanus), ambedue predati dalla piccola ma specializzata donnola (Mustela nivalis nivalis) .

Poco più grandi sono i tre appartenenti alla famiglia dei ghiri, il topo quercino (Eliomys quercinus dichrurus) , il moscardino (Muscardinus avellanarius) ed il ghiro propriamente detto (Myoxus glis) che qui viene chiamato “surgi mattordu”.

I grandi mammiferi carnivori, una volta scomparso il lupo, sono rappresentati solamente dalla volpe (Vulpes vulpes) e da una popolazione relitta e a gravissimo rischio di gatto selvatico (Felyx silvestris silvestris), mentre il loro ruolo di predatori viene usurpato da cani randagi e gatti domestici. Tra gli ungulati sono stati reintrodotti sia il daino (Dama dama) che il cinghiale (Sus scrofa scrofa).

I cieli notturni sono solcati da una miriade di chirotteri, i cosiddetti pipistrelli, appartenenti a tante diverse specie ed ancora da analizzare a fondo mediante una ricerca a loro dedicata ma di grande ausilio per l’ingrato uomo che spesso dimentica il ruolo di limitatori degli insetti nocivi che hanno.

Notevolissima è la presenza degli uccelli, sia per il passaggio della rotta migratoria paleartica, sia per la differenziazione degli ambienti. Elencarli tutti sarebbe arduo ma certamente sarà impossibile non notare gli spettacolari voli in formazione degli storni (Sturnus vulgaris) sul lago di Pergusa o sulle ville cittadine ennesi. Ugualmente basterà avvicinarsi ad uno dei laghi del parco per poter osservare presenze inimmaginabili, non solo la folaga (Fulica atra) ma anche gli svassi maggiori (Podiceps cristatus), protagonisti di una parata nuziale che da più parti è definita come uno degli spettacoli più belli della natura. Ed ancora, volpoche (Tadorna tadorna), morette tabaccate (Aythya nyroca), moriglioni (Aythya ferina) e germani reali (Anas platyrhiynchos), limicoli e cavalieri d’Italia (Himantopus himantopus).

Nelle campagne i piccoli passeriformi saranno preda degli intrepidi sparvieri (Accipiter nisus) e i cieli saranno luogo di acrobatici voli di poiane (Buteo buteo), gheppi (Falco tinnunculus), grillai (Falco naumanni) e pecchiaioli (Pernis apivorus) che si daranno il cambio al crepuscolo con barbagianni (Tyto alba), civette (Athene noctua), allocchi (Strix aluco), gufi (Asio otus) e assioli (Otus scops).

Da qualche tempo, poi, la fauna alata vede anche la presenza sempre più folta dei gruccioni (Merops apiaster), specializzati e famelici mangiatori di api e vespe con una livrea bellissima da uccelli di voliera tropicale.

I Fossili maggiormente rappresentati nelle aree del Gopark

Fondamentalmente se ci si limita ai macrofossili va detto che negli affioramenti del Flysch numidico si possono rinvenire fossili e tracce fossili di organismi bentonici che pasturavano sul fondo dell’oceano al momento dell’arrivo delle correnti di torbida, sono ad esempio le tracce dell’Helmintoidea labirintica, o di simili invertebrati.

Nell’ambito della sequenza del Messiniano è più frequente il ritrovamento di pesci e piante appartenenti al momento della chiusura del Mediterraneo arcaico ed alla deposizione dei primi livelli di Tripoli. Diverse sono le specie note soprattutto da studi effettuati in altre aree simili in Emilia Romagna.

Il Tripoli alla osservazione microscopica tradisce invece la sua natura di accumulo di resti organici, miliardi di gusci e spicole silicee che formano l’impalpabile sedimento detto “Cipria”.

Tutta la serie evaporitica è praticamente priva di tracce fossili e la vita ritorna solo con il depositarsi delle calcareniti nelle quali troviamo soprattutto i gusci fossilizzati di tante specie di molluschi tra le quali ricordiamo la Chama hennensis, trovata e classificata dal canonico Giuseppe Alessi di Enna.

In questi strati, meno frequenti ma estremamente interessanti sono i resti di echinodermi, tra i quali vale la pena ricordare quello ritrovato da poco in un concio del Castello di Lombardia e casualmente sezionato dal cavatore rendendo visibile l’intera lanterna di Aristotele.

 

I molluschi più facilmente ritrovati sono appartenenti alle specie:

Ostrea navicularis

Pecten varius Lamark

Pecten aduncus var. EICH

Pecten flexuosus POLI

Pecten dubius BR.

Pecten jacobeus LAMARK

Pecten pilosus LAMARK

Pecten insubricus BR.

Venus verrucosa LAMARK

Venus fasciata BR

Lucina sp.

Cypricardia lythofagella LAMARK

Purpura haemastoma LAMARK

Trocus patulus BR.

 

Non di rado gli stessi sono legati a organismi costruttori che in natura si attaccano ed incrostano gli altri organismi marini quali, ad esempio, i balanoidi.

Più volte gli strati di accumulo delle grotte dell’ennese hanno dato testimonianza della fauna del recente passato siciliano, lo stesso canonico Alessi elencò resti di Ippopotami, elefanti (il cui cranio era spesso scambiato con il cranio dei Ciclopi a causa della unica cavità orbitale, ed altri mammiferi.

Uno di questi ritrovamenti viene ricordato in uno zibaldone scritto da un erudito ocale nel XVII secolo, in esso, l’autore, Frate Giovanni dei Cappuccini, ricorda che nel 1616 in una grotta dell’area compresa tra il Castello di Lombardia e la Rocca di Cerere, sito eponimo del geopark, venne ritrovato lo scheletro di un ciclope, il cui cranio conteneva un “tummino” di frumento.

Infine, ma ovviamente da osservare con pratiche estremamente complicate quali la scansione microscopica elettronica, sono i resti dei pollini che sono rimasti inglobati e sono stati carbonizzati nei limi degli antichi laghi dell’area. Ultimamente la ricerca nei limi del Pergusa ha dimostrato la presenza sulle montagne Eree dei Faggi (Fagus sylvatica) sino a circa 6000 anni addietro.